Come defiscalizzare i crediti inesigibili

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Come defiscalizzare i crediti inesigibili
06 Giugno 2023

Come defiscalizzare i crediti inesigibili

Come defiscalizzare i crediti inesigibili

Si considera un credito automaticamente inesigibile qualora lo stesso sia scaduto da almeno 6 mesi e sia di modesto importo. Si parla di diverse somme limite. Gli importi sono di 2.500 euro per le imprese che fatturano fino a 150 milioni di euro e di...

Il diritto alla riscossione di un credito è un diritto inalienabile del creditore. Tuttavia esistono delle situazioni in cui non sussistono le condizioni affinché il credito possa essere recuperato. Queste sono legate per lo più in relazione alla situazione economico-patrimoniale del debitore.

DEFINIZIONE DI CREDITO INESIGIBILE PER LEGGE

Le condizioni per cui un credito sia dichiarato a tutti gli effetti inesigibile sono dettate dalla Legge 134/2012.

Si considera un credito automaticamente inesigibile qualora lo stesso sia scaduto da almeno 6 mesi e sia di modesto importo.

Si parla di diverse somme limite. Gli importi sono di 2.500 euro per le imprese che fatturano fino a 150 milioni di euro e di 5.000 euro per quelle che fatturano di più.

Fatta salva la categoria di crediti appena citati, considerati di modesta entità, tutti gli altri crediti da recuperare seguono la normativa ordinaria sia dal punto giuridico che fiscale.

Si parla infatti di inesigibilità di un credito nel momento in cui il creditore possa fornire prova documentata e con elementi certi e precisi che non lasciano spazio a dubbi. In questo caso, si parla di:

– attività di recupero credito che hanno avuto esito negativo;

– di comprovato stato di insolvenza del debitore;

– di irreperibilità dello stesso;

– di procedure concorsuali come fallimento, accordo di ristrutturazione dei debiti ecc. in capo al debitore.

 

Quando una società è stata cancellata con debiti ancora da pagare

 

In caso di cancellazione dal Registro delle Imprese di una Società di Persone ne rispondono illimitatamente con il proprio patrimonio personale e solidalmente tra loro i soci,  per cui tutte le azioni di recupero vanno indirizzate verso chi deteneva le partecipazioni sociali che ne rispondono con il loro patrimonio personale.

Per le Società di Capitali, quindi per i soci limitatamente responsabili rispondono delle obbligazioni sociali soltanto nei limiti delle azioni o quote sottoscritte e, comunque, fino all’ammontare delle somme da essi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione salvo, ovviamente, il caso in cui i soci abbiano garantito in proprio determinati debiti sociali. Questa ulteriore responsabilità rimane tuttavia circoscritta alle garanzie personali prestate dai soci e non può essere estesa ad altri creditori sociali.

 

Qualora dunque esistano ancora crediti sociali dopo la cancellazione della società dal Registro delle Imprese, i creditori non possono più agire nei confronti della società, che ormai si è estinta, ma possono invece agire nei confronti degli ex soci. Per le Società di Capitali nei limiti delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione e, in caso di incapienza (Piano di Riparto a zero o inferiore alla somma da recuperare) ne rispondono i liquidatori.

Dopo l’estinzione della società, quindi, o ne risponde il liquidatore (nel caso specifico di cui sopra) oppure ciascun socio per tutto il credito vantato dal creditore sociale insoddisfatto, solidalmente con gli altri soci; il socio che ha pagato l’intero intraprenderà l’azione di regresso nei confronti degli altri soci per le quote di loro spettanza.

Quanto al termine della prescrizione dell’azione del creditore sociale insoddisfatto verso il socio, la giurisprudenza ritiene che si applichi quello ordinario, decennale, a decorrere dal momento in cui inizia a maturare il termine di prescrizione previsto per l’azione nei confronti della società.

Cosa dice l’Agenzia delle Entrate

L'Agenzia delle Entrate con la Circolare n.26/E del 01/08/2013 ha fissato i criteri legali che deve possedere un credito perché possa essere validamente considerato inesigibile e di conseguenza fiscalmente deducibile, disponendo tra l'altro che l'inesigibilità del credito debba essere comprovata dal preventivo accertamento definitivo dello stato di incapienza del debitore documentato da "elementi certi e precisi".

La predetta Circolare ha altresì stabilito che la relazione circostanziata rilasciata dal proprio legale di fiducia o da un'agenzia di recupero crediti legalmente autorizzata, dove vengono descritte tutte le attività di recupero (verso la società e in particolare verso i liquidatori e i soci) non andate a buon fine, possa essere ritenuta un elemento valido a supporto della deducibilità fiscale del credito, a condizione che venga adeguatamente documentata la definitiva impossibilità del debitore a far fronte alle proprie obbligazioni.

In caso di recupero credito con esito negativo, l’Agenzia (o il legale) provvederà a rilasciare una relazione finale d'intervento che attesti l'attività esercitata unitamente alle motivazioni che hanno reso infruttuosa l'attività di recupero.

Questa relazione, sulla base della normativa vigente ed in presenza dei necessari presupposti, potrà essere considerata un adeguato elemento di prova a fini fiscali per poter portare a perdita il credito inesigibile.

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